La bambina e le stelle marine

Una tempesta terribile si abbatté sul mare.

Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, o come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.

Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.

Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo. Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche una bambina che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.

All’improvviso, la bambina lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.

Dalla balaustrata di cemento, un uomo lo chiamò. “Ma che fai, ragazzina?”. “Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia” rispose la bambina senza smettere di correre.

“Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!” gridò l’uomo. “E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!”

La bambina sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “Ho cambiato le cose per questa qui”.

L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.

Così furono salvate tutte.

Tratto da “A volte basta un raggio di sole” di Bruno Ferrero (Autore), Luigi Zonta (Artwork)

Adulti nella Chiesa

Vi fu un tempo in cui vivevamo in una civiltà sacrale in cui il ritmo della vita era scandito dalla campana.

Poca istruzione, abitudine ad obbedire a chi ne sapeva più di te: genitori, autorità, ecclesiastiche e civili, al padrone, ecc.
L’individuo attingeva a queste fonti di saggezza in modo spontaneo, senza remore; assimilava ciò che altri avevano elaborato per lui. Si viveva nella fiducia, certi che quelle fonti non potevano ingannare.
Era stato così fin dai tempi antichi e non c’era motivo di cambiare proprio ora.

D’altra parte faceva anche comodo che ci fosse qualcuno che pensava e decideva per te: tu dovevi solo ascoltare e cercare di mettere in pratica ciò che ti veniva detto.

Poi nella Chiesa ci fu una vera e propria nuova Pentecoste: il Concilio Vaticano II.
Lo Spirito si mise a soffiare come un tempo in Palestina e pretese un cristiano adulto, consapevole del suo sapere e delle sue scelte, partecipe attivo alla costruzione del meraviglioso Corpo Mistico di Cristo: la Chiesa.

Così il cristiano si ritrovò ad essere non più un vaso da riempire, ma un vaso da cui attingere per la crescita di tutto l’universo. Il grande edificio della Chiesa, questa meravigliosa cattedrale dedicata a Dio, richiedeva la sua opera, la sua pietra da incastonare nel tutto, perché tutto fosse più saldo e più bello. Questa meravigliosa cattedrale dedicata a Dio non poteva più fare a meno del suo apporto: senza di esso avrebbe presentato una imperfezione che nessun altro avrebbe potuto sanare.

Dio ha dato a ciascuno di noi un carisma e solo noi possiamo metterlo a disposizione; e la Chiesa ed il mondo hanno bisogno di questo carisma seppur piccola cosa nel tutto.

Ci siamo resi conto che il solo Magistero non voleva dire “Chiesa”; era un aspetto di essa: necessario, ma non era la Chiesa di Cristo.
La Chiesa di Cristo è tutto il popolo di Dio che si stringe in un unicum e porta avanti così il messaggio del Cristo e le aspirazioni di Dio creatore sul mondo.

Non ci sono dignità diverse nella Chiesa. Ci sono dignità distinte, ma l’una non può fare a meno dell’altra e tutte hanno pari dignità. L’una arricchisce l’altra, ottenendo come risultato una Chiesa ed un mondo migliore in ogni sua parte.

Il laico adulto è l’anima della Chiesa: si abbevera ancora alle fonti della salvezza da essa custodite, ma sarà sua cura irrigare i campi del mondo seguendo il mandato del Cristo: “Andate…”

Il mondo è formato di laici ed è proprio del laico interessarsi delle cose temporali. E’ lui che vive nel tempo: nella famiglia, nella politica, nel mondo del lavoro, nel mondo di chi crea bisogni e di chi ha questi bisogni.

Sta a lui creare opportunità rispettose di ogni uomo ed utili a tutti; sta a lui tradurre in cose pratiche il messaggio di Cristo. Sta a lui incanalare le cose temporali verso il fine per cui Dio le ha predisposte.
E’ lui l’artefice della storia e, se ha fatto tesoro del messaggio di Cristo, la storia si avvierà sui binari della pace, dell’onestà, dell’uguaglianza, del rispetto verso tutti.

L’adulto formato nella Chiesa è un operatore attivo nella composizione del mondo; un attore di cui non si deve avere paura, ma al quale si deve dare fiducia, perché attraverso lui Dio opera nel mondo. Il mondo è il suo regno; egli sa arrivare dove altri non possono, ed egli potrà essere il lievito che, dall’interno, farà fermentare la massa. La sua cultura, la sua formazione gli danno ormai la possibilità di discernere il bene dal male e di incanalare le risorse a sua disposizione verso un mondo più giusto e più in pace.

L’adulto nella Chiesa non è una pecorella da tenere al guinzaglio e portarla dove altri vuole. Ma un protagonista a cui rivolgersi per suggerimenti su cose che egli vive ogni giorno e di cui tutta la sua vita è impastata.

Di quanta ricchezza si è privata la Chiesa quando ha ritenuto giusto arroccarsi sulla sua montagna, forte della sua virtù!
Ma il mondo scorreva ai suoi piedi, mosso dai propri valori e privo di tanta virtù.
E non si era accorta che Dio non era sul monte, ma in mezzo al popolo in cammino, lo teneva unito e lo guidava nel suo procedere.

Sì, è una ricchezza il pensiero del cristiano adulto, una ricchezza della quale la Chiesa non può fare a meno se non si vuol impoverire.
Egli vive e lavora per il mondo in cui è immerso ogni giorno e nel quale la Chiesa si deve immergere, anche con il rischio di sporcarsi, perché a questo mondo essa è stata mandata e per esso è stata costituita.
E’ un mondo di uomini, perciò fatto anche di debolezze, di ingiustizie, di peccato. Ma se non ti cali in esso non lo potrai capire.

Santa Chiesa di Dio, ti aiuteranno gli adulti che hai formato a trovare per esso i rimedi necessari per colmare le valli e ripianare i monti, per abbattere le discriminazioni tra gli uomini in quanto tutti figli di Dio e tutti redenti in Cristo.

Affidati con fiducia a chi ama Dio e il mondo come li ami tu. I tuoi adulti non sono dei concorrenti, ma dei collaboratori.

Tu vigila, suggerisci, riprendi, ma approfitta dei carismi che essi ti mettono a disposizione: sono carismi che vengono da Dio e, quindi, un aiuto alle tue necessità.

Ed allora la Chiesa sarà il cammino di un popolo unito, in cui ognuno occupa il suo posto, ma tutti concorrono a farne un’unica realtà.

Relazione presentata al 1° Campo Nazionale sul tema “Adulti nella Chiesa”

Marino da Arezzo

Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

Chiusi nelle nostre case ci lasciamo appena sfiorare dalla primavera che incombe.

Primavera: tempo di rinascita. Per molti di noi quest’anno, tempo di dolore e di morte.
Ciò ci induce a riflettere nei silenzi delle nostre case al mistero della vita.

Ci affacciamo a questo mondo sospinti dalla volontà altrui. Iniziamo un cammino misto di gioie e di difficoltà, spesso di dolore. Le gioie che abbiamo, però, valgono i nostri affanni: dal nulla siamo stati chiamati ed approdati alla vita, dal non-essere all’essere, dal nulla al tutto. Intorno a noi il mondo cammina e ci coinvolge nel suo andare facendo di noi dei protagonisti nel suo evolvere. Da quando siamo nati esso non è più lo stesso: ha una vita in più e, quindi, è più perfetto. Esso ha bisogno del nostro apporto per essere tale.

Inizia un cammino lungo, accidentato, che neppure con la morte vedrà la sua fine. Sì, perché, tu ci creda o meno, ormai non finirai più. Dio ha disposto per te un’eternità che non vede tramonto. Il corpo potrà anche tornare ad essere polvere, ma lo spirito vivrà in eterno. Dio lo accoglierà di nuovo in Sé perché da Lui proviene.

Son queste le “parole di vita eterna” che il Cristo è venuto a portare e Pietro, questo pescatore onesto, indurito dalle fatiche della vita, ha saputo cogliere l’essenza del messaggio del suo Maestro. Il linguaggio del Cristo è spesso duro, difficile a comprendersi, anche per noi che generazioni e generazioni di saggi uomini hanno cercato di istruire. Il povero Pietro non capisce fino in fondo, non può capire, ma sa che in quelle parole sta tutta la speranza dell’uomo. In esse capisce che la sua esistenza non avrà fine; c’è un’eternità che lo aspetta, un Cuore grande che ha creato il mondo e che vuole che tutto in Lui ritorni per godere di una gioia eterna.

Allora non importa se non si capisce fino in fondo; è sufficiente accontentarsi della Sua parola, perché è una parola che non tradisce, è una parola veritiera, una parola spesso dura, ma che spalanca la vita eterna.

Marino da Arezzo